Medicina del lavoro: ecco cosa rischi se non la fai

Oggi come oggi, si parla sempre di più – ed è il caso di dire per fortuna – di benessere sul luogo di lavoro (in maniera trasversale a prescindere dal settore). Dietro a questa espressione si nasconde un vero e proprio mondo. Tra le tante sfaccettature da considerare, rientra quella della medicina del lavoro. Ambito che, nel nostro Paese, ha una storia che affonda le sue radici alla fine del XIX secolo, richiede molta attenzione da parte di chi è titolare di un’azienda. Molto spesso, gli imprenditori si approcciano con difficoltà a questo tema. Come mai? Perché, di frequente, i costi della medicina del lavoro  sono visti come oneri eccessivi.

Fondamentale è cambiare mentalità e considerarli innanzitutto come un investimento per l’ottimizzazione della salute e della produttività dei propri dipendenti. Attenzione, però: in alcuni frangenti, si va ben oltre questo aspetto e si ragiona nell’ottica dell’obbligo normativo. Se vuoi sapere qualcosa di più in merito e scoprire quali sono le conseguenze di chi non considera la medicina del lavoro uno strumento prezioso per l’azienda, seguici nelle prossime righe di questo articolo.

Medicina del lavoro: quando è obbligatoria e cosa rischia chi non la fa

L’attuale quadro normativo italiano non rende la figura del medico competente obbligatoria in tutti i contesti aziendali. Come ricorda la Legge 81/2008, il Testo Unico per la sicurezza sul lavoro, il ricorso alla medicina del lavoro è obbligatorio nei casi in cui l’attività, a prescindere dal numero di dipendenti, è soggetta a rischi. Tra i fattori che li determinano è possibile includere la movimentazione manuale di carichi, ma anche i frequenti movimenti degli arti superiori. Chi pensa che il lavoro a rischio sia solo quello in fabbrica, può anche cambiare idea. Il legislatore, infatti, include sotto a questo cappello anche le mansioni professionali che richiedono un utilizzo dei videoterminali per un lasso di tempo superiore alle 20 ore a settimana.

Affidandosi a un valido medico competente, è possibile minimizzare questi fattori di rischio – e anche altri, l’elenco è lungo – e migliorare, man mano che passa il tempo, il grado di benessere sul luogo di lavoro.

Dal momento che la nomina del medico competente in alcune attività è un obbligo, chi non ottempera può trovarsi a dover pagare delle sanzioni economicamente ingenti. Facciamo un esempio concreto per capire di che cifre parliamo. Nel caso della mancata visita medica o della visita scaduta per un numero di lavoratori fino a cinque, il datore di lavoro va incontro a sanzioni comprese tra i 2.192 e gli oltre 4.000 euro. Nelle situazioni in cui, invece, viene certificata la mancanza di visita medica o la visita medica scaduta per un numero di lavoratori superiore ai 10, le sanzioni possono superare gli 8.000 euro. Non c’è che dire: si tratta di cifre che, in molti casi, sono ben superiori rispetto ai costi da sostenere per le mansioni del medico del lavoro!

I compiti del datore di lavoro

La nomina del medico competente – nei casi in cui sussiste l’obbligo di legge – è a carico del datore di lavoro. Il soggetto in questione deve fornire al professionista sopra citato tutte le informazioni per iniziare al meglio il proprio lavoro. Innanzitutto, bisogna specificare il numero dei dipendenti, così come le mansioni che ciascuno di essi svolge. Importantissimo è anche consegnare al medico il Documento di Valutazione dei Rischi. Quest’ultimo, redatto dal datore di lavoro, elenca i rischi correlati all’esercizio delle attività dell’azienda, con una valutazione dell’entità degli stessi. Nel DVR, si forniscono anche dei riferimenti quantitativi relativi alle probabilità che il rischio si verifichi, danneggiando persone o cose.

Una volta nominato il medico competente, sarà compito di questo professionista l’inizio della valutazione del protocollo sanitario aziendale, al quale ha la facoltà di apportare modifiche se lo ritiene opportuno.